
Sulla vicenda, che ha conseguenze su tutti gli altri stabilimenti salentini e non solo, interviene la Federazione imprese demaniali anche in risposta al sindaco di Lecce Carlo Salvemini che ha confermato di voler ricorrere al Consiglio di Stato.
La sentenza

Con la sua sentenza il Tar ha rilevato “che la direttiva comunitaria di riferimento non presenta i caratteri di puntuale definizione dei contenuti precettivi tale da consentirne una certa ed uniforme applicazione sull’intero territorio nazionale”, fanno sapere gli avvocati Leonardo Maruotti, Federico Massa e Francesco G. Romano che hanno rappresentato in giudizio i concessionari e la Federazione imprese demaniali.
Sicché, in definitiva, “quella nazionale è l’unica disciplina vigente e dunque non può essere riconosciuta agli enti territoriali la potestà di individuarne, arbitrariamente, una diversa”. Nella questione il Comune di Lecce avrebbe, invece, “ingiustamente penalizzando i concessionari che operano nel territorio comunale, addirittura inventando un sistema di possibili opzioni alternative che di fatto introducono arbitrarie differenziazioni anche fra gli operatori che operano nello stesso territorio comunale, in sostanza con una sorta di premialità per l’ opzione più gradita alla Amministrazione medesima”, fanno sapere i legali.
Esprime entusiasmo anche il Presidente della Federazione imprese demaniali, Mauro Della Valle, per il risultato dei propri associati e dell’intero comparto demaniale: «La sentenza, infatti, consente di tirare un sospiro di sollievo alle migliaia di famiglie balneari che si stavano vedendo costrette a consegnare le chiavi dei propri stabilimenti e che non potevano neppure andare a richiedere l’accesso al credito né accedere alle misure di finanziamento. Il Tar Lecce ha dato un segnale chiaro ai Comuni che non vogliono applicare la normativa nazionale anche al fine di evitare disparità di trattamento».