«Disegnare mi è sempre piaciuto, però invece del liceo artistico – afferma Normanno – ho dovuto frequentare Ragioneria. Da quel momento non ho più toccato matita e foglio: inutile continuare a sognare. Però, ho scelto Firenze come sede universitaria, volevo andare a vivere in una città antica.
Dopo due anni, avendo visitato musei e mostre, la tentazione è diventata irresistibile: ho lasciato Giurisprudenza per iscrivermi all’Accademia. Ho iniziato a dipingere a 23 anni. Ero estremamente appassionato dei quadri del Caravaggio così come di tutta la pittura del ‘600 quando vedevo quei quadri, istintivamente avevo capito che quella era la mia vita». Comunicare la decisone ai genitori non è stato tanto semplice.
Tanto la tensione e l’ansia ha avuto una febbre leggera per più di un mese. Poi, con un po’ di coraggio ha confessato. «Credevo di dare una delusione terribile. Quando l’ho detto sono rimasti un po’ spiazzati. Poi ho visto che tutto andava per il verso giusto: ho iniziato a rilassarmi e a stare bene». Nei suoi quadri, temi universali resi contemporanei.
«L’opera che ho presentato a Lecce si intitola “Il suicidio”: una figura femminile sdraiata sul divano, ha un coltello in mano e sta meditando sul suicidio. Sono partito dall’idea delle Lucrezie, uno dei temi classici della pittura del ‘600, al quale ho aggiunto quello che mi piaceva, il lato della debolezza umana, del coraggio di togliersi la vita, troppo faticosa per essere vissuta».
Il suo stile è stato elogiato anche da Vittorio Sgarbi.
«Conosciuto nel 2005 a Milano, in una mostra su Caravaggio curata da lui. In quella sede, gli ho fatto vedere il mio lavoro su fotografia, gli è piaciuto moltissimo e da quel momento siamo rimasti sempre in contatto e mi coinvolge in quello che fa».