
Casarano/Patù – Facebook non è “terra di nessuno” ed anche dalle accuse formulate sul noto social network possono nascere reati. È quanto confermato dal giudice monocratico del Tribunale di Lecce, Fabrizio Malagnino, che ieri ha condannato il segretario regionale di “Articolo 1” Ernesto Abaterusso (di Patù) a 6 mesi (pena sospesa) con l’accusa di “diffamazione aggravata”.
I fatti risalgono al 7 giugno 2015 quando, nel commentare su Facebook il post di un amico, Abaterusso avrebbe diffamato l’ex onorevole Mario Toma, originario di Casarano, già segretario provinciale del Pci. Nel commento incriminato Toma (deputato dal 1983 al 1992) non veniva citato direttamente, ma il riferimento era “chiaramente individuabile” secondo il giudice, dal contesto del discorso. La discussione si sarebbe accesa intorno ai commenti su di “un ex sindaco di un comune salentino”, secondo Abaterusso “divenuto oggetto di attacchi vergognosi che hanno poco da invidiare ai metodi mafiosi”. A seguire il riferimento alla “compagnia del fango (…) allargata con l’ingresso di ex parlamentari”, sino ad accuse di nepotismo e vitalizi anticipati garantiti da “uno stato psichiatrico assai grave”.
Il ricorso in Appello
Il Tribunale ha pure condannato Abaterusso al pagamento di una provvisionale, immediatamente esecutiva, di 10mila euro ed al risarcimento del danno in separata sede in favore di Toma (difeso in giudizio dall’avv. Giacinto Epifani) costituitosi parte civile, oltre al pagamento delle spese processuali.
Nella sua difesa, l’avvocato Giancarlo Zompì aveva chiesto l’assoluzione di Abaterusso, ritenendo insussistente l’ipotesi diffamatoria. Trattandosi quella appena emessa di una sentenza di primo grado, una volta depositate le motivazioni della sentenza è prevedibile il ricorso in Appello.